Per secoli un aiuto indispensabile nelle fatiche dei campi, nei coltelli sardi si condensa la storia dell’Isola. Intorno al coltello si sono sviluppati usi e costumi speciali, legati sia alla sua funzione primaria di lama, sia al suo significato simbolico all’interno di una società rurale spesso dura e spartana. 

Coltelli Artigianali Sardi

Cosa significa regalare un coltello in Sardegna?

Ancora oggi il coltello rappresenta un regalo prezioso, segno di stima e rispetto. Eppure, chi ha la fortuna di riceverlo in dono non può accettare il regalo senza corrispondere una cifra simbolica al donatore. Questo, secondo la tradizione, libererebbe chi lo dona dalla sensazione di aver regalato un oggetto che, nelle mani sbagliate, può recare dolori e lutti. Inoltre, la lama affilata può simboleggiare anche il legame reciso tra le due parti, quindi ricordatevi sempre di “ripagare” il coltello che riceverete in regalo. Un’altra regola non scritta indica che il coltello si porge sempre aperto, sorreggendolo col palmo aperto verso chi lo riceve, come simbolo di fiducia e certezza che mai verrà usato con cattive intenzioni.

La rivoluzione del coltello sardo.

Quando, a metà degli anni ‘50, la tecnologia ha rivoluzionato diversi settori dell’economia sarda (dalla pastorizia all’agricoltura), il coltello in Sardegna ha cambiato la propria funzione nella vita quotidiana. Da utensile tuttofare a complemento d’arredo, fino a diventare un vero e proprio gioiello per i collezionisti.

Così come i paesi e i territori da cui provengono, le lame lucenti di Sardegna sono diverse una dall’altra: dalla resolza di Pattada (cittadina nel Sassarese), all’arresoja di Arbus-Guspini (nel Sud Sardegna), così come la lurisinca della Gallura, sono tutti coltelli che trasmettono al tempo stesso forza ed eleganza, e soprattutto robustezza.

In Sardegna si contano un migliaio di coltellinai, e quelli più conosciuti hanno richieste da svariati Paesi del Mondo, con liste d’attesa di mesi. Il valore di ciascun pezzo può avere oscillazioni di prezzo legate alla fama del coltellinaio, e ai materiali utilizzati: l’oro, l’argento o l’ottone.

Coltelli Sardi Artigianali

La geografia del coltello sardo.

Un cammino ideale nella storia del coltello sardo non può che iniziare dalla resolza, originaria di Pattada: una lama che riflette la storia del mondo agropastorale sardo. Si tratta di un coltello a serramanico, con un’impugnatura composta da due strisce (guancette) di corno caprino maschio, saldamente unite da ribattini (piccoli chiodi) che incorporano s’arcu, l’archetto in metallo che rende l’impugnatura particolarmente solida.

Anche detta pattadesa, era un oggetto immancabile nella bisaccia del pastore, che ne possedeva due o tre diverse a seconda della funzione: lavorare il formaggio, macellare il bestiame e così via.

La còrrina, per alcuni l’antenata della pattadesa, è un coltello più rustico, con lama fissa a foglia d’ulivo, incassata in un corno di montone o di capra. La lama veniva infilata in un pezzo di sughero per evitare di ferirsi quando la si riponeva in tasca.

Altro coltello che rientra nella categoria della resolza pattadesa è la lussurzesa, un coltello a serramanico di Santu Lussurgiu (in provincia di Oristano).

Coltello Sardo

Muovendosi verso i boschi di sughere della Gallura, possiamo trovare la lametta gallurese detta lurisinca, ossia “donna di Luras” (un paese vicino a Tempio Pausania). La si usava per la lavorazione del sughero: ha la punta tronca e il manico leggero realizzato in legno di fico. La lama è affilata solo da un lato, e quando si consumava, veniva riciclata e utilizzata per fare altri coltelli, soprattutto da cucina.

Spostandosi verso il Sud Ovest dell’isola, fra Cagliari e Oristano arriviamo nel mondo delle miniere.

L’arburesa ( realizzata ad Arbus, uno dei centri minerari più importanti), è il coltello locale, a serramanico con la lama panciuta, a foglia larga, utilizzato soprattutto per cacciare e scuoiare animali. Ha l’impugnatura sagomata e una forma arcuata che segue il filo della lama.

Artigianato Sardo Coltelli

A distanza di pochi chilometri troviamo Guspini, regno della guspinesa, il coltello dei minatori. Due i modelli, entrambi a serramanico: uno con la lama panciuta (a foglia di mirto) e manico ricurvo; uno a spatola, con lama tronca e profilo del manico squadrato.

Questo ultimo modello fu ideato per aggirare un decreto del 1908, attraverso il quale il presidente del consiglio Giovanni Giolitti vietava di portare coltelli appuntiti e con lama superiore ai quattro centimetri, allo scopo di limitare i fatti di sangue, allora numerosi nella regione.